José Mourinho, allenatore della Roma, si è concesso al Corriere dello Sport per una lunga intervista. Come al solito, le sue dichiarazioni non sono state banali ed a colpire è stato soprattutto un passaggio in cui sottolinea come, dopo la Finale di Europa League giocata nella capitale ungherese Budapest, la società non lo abbia appoggiato. Di seguito, ecco alcuni passaggi significativi dell’intervista rilasciata da José Mourinho.
“Firmai per la Roma perché quando incontrai i Friedkin mi piacque molto il loro modo di parlare. Quelle parole mi toccarono nel profondo, di questo avevo bisogno. Mi dissero: “Pensiamo che tu sia la persona giusta per aiutarci a rendere la Roma un club più grande”. Trasmisero il loro entusiasmo, mi piacque la prospettiva di un progetto diverso, tre anni di contratto, una crescita progressiva, qualcosa che in precedenza non avevo mai preso in considerazione”. Continua Mourinho: “sapevo che sul piano sociale la Roma era un club assolutamente fantastico, ma anche che dal punto di vista della storia calcistica aveva vinto poco, nonostante tantissimi bravi allenatori e giocatori di prima fascia, e investimenti anche. Quando conosci la realtà romanista ti chiedi perché si sia vinto così poco. Possibile che tu non possa fare qualcosa di diverso per aiutare il club, la nuova proprietà? Se adesso mi domandi se mi sono pentito della scelta, rispondo di no. Assolutamente no”.
Parlando della Finale di Budapest e la questione Taylor, Mourinho si è così espresso: “so di non essere stato elegante, ma non ho insultato nessuno. Sono andato da Rosetti e gli ho detto: “è rigore o non è rigore?”. Rosetti ha fatto quello che di solito fanno gli arbitri, non mi ha risposto. Ho ripetuto la domanda a Webb, lui mi ha messo la mano sulla spalla e mi ha detto: “José si, è rigore”. Webb ha fatto quello che mi sarebbe piaciuto facesse Taylor”. Proseuge Mourinho: “sbagliamo tutti, forse durante quella partita ho sbagliato anche io. Continuo a pensare una cosa: Taylor è bravo, per non dire molto bravo, positivo anche il rapporto che ho avuto con lui in Inghilterra, mi sembra un uomo perbene, io no ho messo in dubbio la sua onestà. L’unica cosa che dico e dirò sempre è che era rigore e che con quel rigore lì la Roma avrebbe potuto vincere“.
“Sono andato al club e ho detto: “da oggi è fino all’uscita della sanzione, sarò io il focus di un arbitraggio triste e di un comportamento triste dei tifosi in aeroporto, oltre che del mio atteggiamento nel garage. Però adesso ho bisogno del vostro sostegno e di una comunicazione forte”. Se mi chiedi quale sia stata in due anni e due mesi di Roma la cosa che mi ha fatto sentire più fragile, rispondo che non è stata la partenza di Mkhitaryan, aver perso un giocatore che mi piace tanto e aver giocato un anno e mezzo con solo 4 difensori centrali quando è normale averne 6. La cosa più triste è stata non essere appoggiato dalla società in una situazione del genere“.
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