Papa Francesco è da diversi anni un’importante figura che è caratterizzata principalmente dalle sue continue lotte sociali. Per questo motivo è stato chiesto di tenere parte alla conferenza sul clima di Dubai, affrontando una questione spinosa che è quella del cambiamento climatico.
Il discorso di Papa Francesco sul cambiamento climatico
Nonostante gli impegni per trovare delle tecnologie ecosostenibili (come le lampade da esterno solari), la questione legata all’effetto serra sta diventando sempre più spinosa. Per questo il discorso di Papa Francesco sul cambiamento climatico ha puntato il dito contro i soldi buttati dai governi per finanziare le guerre piuttosto che risorse per trovare una soluzione. Il discorso, il quale è stato letto dal cardinale Pietro Parolin (Papa Francesco non ha potuto presentarsi), ha presentato infatti le seguenti dichiarazioni:
L’ambizione di produrre e possedere si è trasformata in ossessione ed è sfociata in un’avidità senza limiti, che ha fatto dell’ambiente l’oggetto di uno sfruttamento sfrenato. A pagare saranno i più deboli e le nuove generazioni.
Quante energie sta disperdendo l’umanità nelle tante guerre in corso, come in Israele e in Palestina, in Ucraina e in molte regioni del mondo. Conflitti che non risolveranno i problemi, ma li aumenteranno. Quante risorse sprecate negli armamenti che distruggono vite e rovinano la casa comune.Con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e realizzare attività che promuovano lo sviluppo sostenibile dei Paesi più poveri, contrastando il cambiamento climatico
Sono con voi per porre la domanda a cui siamo chiamati a rispondere ora: lavoriamo per una cultura della vita o della morte? Vi chiedo, in modo accorato: scegliamo la vita, scegliamo il futuro. Ascoltiamo il gemere della terra, prestiamo ascolto al grido dei poveri, tendiamo l’orecchio alle speranze dei giovani e ai sogni dei bambini. Abbiamo una grande responsabilità: garantire che il loro futuro non sia negato. Il clima impazzito suona come un avvertimento a fermare questo delirio di onnipotenza. Torniamo a riconoscere con umiltà e coraggio il nostro limite quale unica via per vivere in pienezza”. Per questo “è compito di questa generazione prestare orecchio ai popoli, ai giovani e ai bambini per porre le fondamenta di un nuovo multilateralismo. Perché non iniziare proprio dalla casa comune?
Che cosa ostacola questo percorso? Le divisioni che ci sono tra noi. Ma un mondo tutto connesso, come quello odierno, non può essere scollegato in chi lo governa, con i negoziati internazionali che non possono avanzare in maniera significativa a causa delle posizioni dei Paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale. Assistiamo a posizioni rigide se non inflessibili, che tendono a tutelare i ricavi propri e delle proprie aziende, talvolta giustificandosi in base a quanto fatto da altri in passato, con periodici rimpalli di responsabilità. Ma il compito a cui siamo chiamati oggi non è nei confronti di ieri, ma nei riguardi di domani. Di un domani che, volenti o nolenti, o sarà di tutti o non sarà.
Colpiscono, in particolare, i tentativi di scaricare le responsabilità sui tanti poveri e sul numero delle nascite. Sono tabù da sfatare con fermezza. Non è colpa dei poveri, perché la quasi metà del mondo più indigente è responsabile di appena il 10% delle emissioni inquinanti, mentre il divario tra i pochi agiati e i molti disagiati non è mai stato così abissale. Questi sono in realtà le vittime di quanto accade: pensiamo alle popolazioni indigene, alla deforestazione, al dramma della fame, dell’insicurezza idrica e alimentare, ai flussi migratori indotti.
La fine del discorso è stata accolta da una gigantesca stading ovation.