Un nuovo metodo di calcolo delle pensioni, basato sull’aspettativa di vita, ha scatenato un vero e proprio uragano di critiche nei confronti dell’Inps. Questa proposta, contenuta nel “Rapporto annuale sulle differenze nella speranza di vita tra ricchi e poveri“, presentato recentemente in Parlamento, sostiene che applicare lo stesso coefficiente di calcolo del pensionamento a lavoratori di differenti categorie, senza considerare certi fattori che influenzano l’aspettativa di vita, sarebbe “ingiusto“. Tuttavia, ieri l’Ente ha tenuto a precisare che non ha partecipato in alcun modo alla stesura di una proposta di riforma pensionistica per il governo, una notizia che ha fatto il giro sui giornali a seguito della pubblicazione del rapporto.
Contrariamente alle indiscrezioni che circolano, non vi è alcuna possibilità imminente di taglio delle pensioni in base all’aspettativa di vita. L’Inps sottolinea che il documento è semplicemente una “raccolta di dati sulle prestazioni pensionistiche erogate e sull’effetto di tali prestazioni sulle dinamiche riscontrate nel nostro Paese“. Il rapporto illustra un scenario in cui alcuni lavoratori, al momento del pensionamento, tendono a vivere più a lungo rispetto ad altri di categorie diverse. L’aspettativa di vita varia anche in base alla regione di residenza. Tuttavia, il coefficiente che converte i contributi versati durante la carriera in una pensione è lo stesso per tutti. Di conseguenza, secondo l’Inps, questo sistema “penalizza fortemente i meno abbienti, i quali ricevono una pensione inferiore rispetto a quella che otterrebbero se fosse presa in considerazione la loro reale aspettativa di vita“. Al contrario, “i più ricchi ricevono pensioni più alte di quelle che otterrebbero con tassi tenendo conto della reale durata media della loro vita“.
L’Ente evidenzia che i pensionati appartenenti al primo “quintile di reddito”, ovvero alla fascia più bassa, hanno un’aspettativa di vita a 67 anni, inferiore di circa 2,6 anni rispetto a coloro che appartengono al “quintile con il reddito più alto”. La differenza aumenta in base al settore di lavoro e alle responsabilità avute. La differenza nell’aspettativa di vita sarebbe di cinque anni tra chi è nella fascia più bassa, con 16 anni di aspettativa di vita, e chi appartiene alla fascia di reddito relativa al “Fondo dirigenti Inpdai”, con un’aspettativa di vita post-pensionamento di 20,9 anni.
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