L’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) ha stilato una classifica delle regioni italiane in base al reddito pro capite dei suoi residenti. I dati dell’ente pubblico di ricerca italiano hanno così decretato qual è la regione più ricca d’Italia, così come quella più povera.
La classifica ISTAT: il criterio di classificazione per decretare la regione più ricca d’Italia
L’ISTAT è l’Istituto Nazionale di Statistica, un ente pubblico di ricerca che si occupa di censimenti, indagini campionarie e indagini economiche generali. In questa ultima categoria rientra lo studio che ha stabilito la classifica delle regioni più ricche d’Italia.
Il criterio di classificazione utilizzato da ISTAT per stilare l’elenco delle regioni d’Italia dalla più ricca alla più povera è basato sulla valutazione del reddito pro capite. Il reddito pro capite è in questo caso il rapporto tra il reddito regionale e il numero di abitanti della regione. Si tratta perciò del reddito medio di ciascun individuo residente nella Regione considerata.
Il reddito pro capite può essere anche definito PIL pro capite, in questo senso corrisponde alla quantità di prodotto interno lordo che un cittadino produce ipoteticamente in un dato periodo di tempo.
ISTAT ha usato come criterio di classificazione proprio il PIL pro capite. Infatti, spesso si ricorre ad esso per misurare il grado di benessere della popolazione di un paese, in questo caso di una regione, in rapporto alle altre.
Quindi, nella classifica stilata da ISTAT, le regioni italiane delle prime posizioni registrano un reddito pro capite più alto rispetto alle regioni che si trovano nelle ultime posizioni, per le quali il reddito medio per ciascun cittadino risulta essere più basso.
Qual è la regione più ricca d’Italia? La classifica ISTAT
Sulla base di quanto specificato, ISTAT ha stilato la classifica delle regioni italiane. Il primo posto nella graduatoria è occupato dalla regione più ricca d’Italia; l’ultimo posto è invece destinato alla regione con il reddito pro capite più basso.
La regione più ricca d’Italia è il Trentino-Alto Adige, con un PIL pro capite che ammonta a 42.300 euro. Venti posizioni dopo troviamo invece la Calabria, che con un reddito pro capite pari a 17.100 euro è la regione più povera dello Stivale.
Di seguito la classifica completa delle regioni italiane, ordinate da ISTAT in base al reddito pro capite dei residenti. Accanto ad ogni regione è indicato l’ammontare del PIL pro capite della stessa.
- Trentino-Alto Adige: 42.300
- Lombardia: 38.200
- Emilia-Romagna: 35.300
- Valle d’Aosta: 35.200
- Veneto: 33.100
- Lazio: 32.900
- Friuli-Venezia Giulia: 31.000
- Toscana: 30.500
- Piemonte: 30.300
- Liguria: 29.678
- Marche: 26.600
- Abruzzo: 24.400
- Umbria: 24.300
- Sardegna: 21.300
- Basilicata: 20.800
- Molise: 19.500
- Puglia: 19.000
- Campania: 18.200
- Sicilia: 17.400
- Calabria: 17.100
La “questione meridionale” dal 1873 ad oggi
È interessante osservare come scorrere la classifica ISTAT sia più o meno la stessa cosa che muoversi geograficamente lungo l’intero paese, da nord a sud. Infatti, tutti i primi posti sono occupati dalle regioni del Nord, e man mano che si scende verso le ultime posizioni si arriva nel Mezzogiorno passando per il Centro. Pertanto, la recente classifica dell’Istituto Nazionale di Statistica riporta in primo piano la cosiddetta “questione meridionale”.
L’espressione “questione meridionale” è stata utilizzata per la prima volta nel 1873 dal deputato Antonio Billia, che si riferiva alla situazione economica disastrosa del Mezzogiorno rispetto alle altre regioni italiane.
Nella storiografia italiana, il termine indica la condizione di persistente arretratezza socioeconomica riscontrata nelle regioni dell’Italia Meridionale, soprattutto se confrontate con le regioni settentrionali.
In “Il Mezzogiorno e lo stato italiano”, pubblicato nel 1911, Giustino Fortunato scrisse:
«Che esista una questione meridionale, nel significato economico e politico della parola, nessuno più mette in dubbio. C’è fra il nord e il sud della penisola una grande sproporzione nel campo delle attività umane, nella intensità della vita collettiva, nella misura e nel genere della produzione».
A distanza di oltre un secolo, il divario tra Nord e Sud non sembra voler accennare ad estinguersi: la graduatoria ISTAT è solo un’ulteriore conferma.