Quando si cerca di arrivare ad un punto molto importante della propria fase lavorativa, entra in vigore il TFR, elemento che non può assolutamente mancare ogni volta che si cerca di far quadrare i conti del proprio rendimento. Ma qual è la scelta per la destinazione TFR?
Il TFR è l’acronimo del trattamento che si fa a fine rapporto (non a caso le iniziali stanno per “Trattamento Di Fine Rapporto”). Precisamente è un salario posticipato che viene calcolato per quote annuali fatto con corresponsione differita. Questo salario riguarda una prestazione economica che viene fatta al lavoratore che è subordinato all’atto di cessazione del rapporto di lavoro. Tale atto può prevedere i casi di raggiungimento degli anni che servono per iniziare la pensione, i casi di licenziamento ed i casi di dimissione.
La definizione del TFR è stata affermata nell’articolo 2120 del Codice Civile:
“In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.”
Per capire la somma che spetta all’atto della cessazione del rapporto lavorativo bisogna calcolare in questo modo: il montante totale si determina sommando la retribuzione annua divisa per 13,5. Il montante deve poi essere aggiornato in modo annuale per indice di rivalutazione stabilito in una misura pari al 75% dell’inflazione più 1,5% fisso.
Quando il lavoratore viene assunto, quest’ultimo ha ben sei mesi di tempo prima di poter scegliere tra l’aderire ad un fondo pensione oppure il lasciare l’accantonamento in azienda. Quando si sceglie l’adesione al fondo pensione, quest’ultima può essere un’adesione esplicita o un’adesione tacita. L’adesione esplicita avviene se la scelta del versamento del TFR arriva entro i 6 mesi dall’essere assunti, mentre l’adesione tacita avviene se la scelta del versamento non avviene entro i 6 mesi dall’essere assunti, cosa che causa di conseguenza l’iscrizione automatica al Fondo Pensione Negoziale che viene previsto dal contratto aziendale o dal CCNL.
Il TFR nella pensione permette di ottenere dei vantaggi fiscali che si creano perché sono destinati alla previdenza complementare. Questi vantaggi riguardano sia i rendimenti che il capitale versato. Infatti i contributi versati nel fondo vengono dal reddito IRPEF, il quale raggiunge un tetto massimo annuale dalla cifra di 5.164 euro. Ogni rendimento viene valutato attraverso un prelievo fiscale attraverso un’imposta sostitutiva pari al 12,5% dei rendimenti che vengono dai Titoli di Stato, ma anche al 20% dei rendimenti che vengono da altri impieghi.
In questo modo i lavoratori del settore privato subiscono delle prestazioni che ricevono delle tassazioni con un’aliquota del 15%, la quale viene ridotta allo 0,30% all’anno per ogni anno di permanenza del fondo pensione, il quale può arrivare ad un’aliquota minima del 9%. I rendimenti invece dipendono esclusivamente dai risultati degli investimenti di fondo.
Nell’azienda il TFR ha un tasso di rivalutazione che ottiene il 75% dell’inflazione annua più l’1,5% fisso. In questo caso la rivalutazione è soggetta ad un’imposta sostitutiva che è pari al 17% che deve essere versato allo Stato ogni anno, così il lavoratore avrà, al termine del rapporto, una rivalutazione netta da cui le imposte saranno già sottratte. In questo caso il TFR è sottoposto alla tassazione separata e non serve per formare il reddito dell’anno in cui si vuole la liquidazione, dal momento che, in caso contrario, le imposte arriverebbero ad una cifra molto più alta del normale.
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